RECENSIONI


Hello Austria. Europa 2011
                                          di Letizia Bernazza



Vago con la mia mente e con la mia anima per l’intera durata dello spettacolo Hello Austria. Europa 2011.
La cornice è lo spazio dell’Angelo Mai di Roma che riserva sempre un breve percorso tra alberi e ghiaia prima di arrivare allo spazio scenico. In quel breve tragitto, mi preparo ad accogliere l’ultimo lavoro del Teatrino Clandestino.
Non sono riuscita a vedere lo spettacolo né al Festival di Santarcangelo né al Sì di Bologna. Riecheggiano però ancora dentro di me le emozioni che prepotenti mi erano state trasferite dall’efficacia e dalla forza del progetto Civile. È passato poco meno di un anno. Sono sempre all’Angelo Mai. E partecipo a una nuova messinscena del Teatrino Clandestino.
@matilde soligno
So pochissimo su quest’ultima produzione. Mi siedo e sprofondo nel viaggio che mi suggeriscono Fiorenza Menni, Laura Dondoli e Francesco Guerri. Il silenzio e il buio che accolgono gli spettatori vengono infranti poco dopo dal rumore stridente di vetri rotti e dal dissonante contrappunto di suoni che Francesco Guerri crea con le corde del suo violoncello. La fiamma di un fuoco sempre vivo ai lati della scena mi rassicura. Anche se del tutto artificiale, crea un’atmosfera, un ambiente, quasi un angolo da preservare, mentre intorno nulla sembra avere un centro e nemmeno qualcosa a cui abbia un senso aggrapparsi. Se non fili sottili e fluorescenti, ai quali sono ancorate le due attrici. Soprattutto Laura Dondoli che, attraverso di essi, reclama con la sua prepotente presenza scenica quella centralità dell’individuo di essere nel Mondo, presente in esso, con "… una compiuta presa di coscienza del disvalore che ci sta divorando la vita". Queste parole di Roberta De Monticelli, mi sovvengono di colpo. Proprio in quei giorni, la lettura del suo ultimo saggio – La questione civile – aveva provocato dentro di me un’amarezza lancinante, risultato della lucida analisi della filosofa sul momento storico che stiamo vivendo. Un momento difficile, complicato, senza dubbio. Eppure non privo di una via d’uscita: rappresentata da un nuovo e possibile progetto di rifondazione della nostra civiltà che può scaturire dal comune e consapevole opporsi al "…suicidio delle nostre anime…".
Nel magma inestricabile di voci, grida e urla lancinanti cui rispondono i suoni frammentari, ma di grande poesia del violoncello, e nelle parole di Fiorenza Menni - che pur occupando per la maggior parte del tempo un lato della scena, afferma costantemente la sua volontà di dire di sé attraversando la propria autobiografia di donna – riconosco un’altra possibilità di aggirare il nostro malessere. Insita forse proprio in quella messa in crisi totale dell’essere parte di qualcosa. Una crisi che sovverte qualsiasi certezza e che, tuttavia, sembra non poter prescindere dalla necessità di un dialogo tra il proprio vissuto e quello di altri esseri umani, espressione intima di una storia che percorre la specificità di ogni individuo nella libera e riconosciuta differenza degli altri. Inizia infatti dal sé, da aneddoti personali, da stralci di vita, testimonianza di scelte individuali, il percorso di Fiorenza Menni sul concetto d’identità europea, reso labile oggi più che mai dal mancato confronto fra le singole individualità e la complessa realtà sociale, politica ed economica. L’identità è allora, prima di tutto, la manifestazione preziosa dell’Io che si fa carico di indagare e sviscerare i segni del suo vissuto, dei luoghi di provenienza e di appartenenza, le radici del rapporto singolo-comunità pur nel crogiolo delle contraddizioni che segnano l’evolversi del nostro tempo. La partitura drammaturgica riesce a dosare con equilibrio il frastuono delle modulazioni elettroniche, le voci e la gestualità delle attrici, capaci di restituire l’eco di quelle contraddizioni senza trascurare la dimensione di lirica intimità di chi, come Fiorenza Menni, sa rimanere in disparte, in silenzioso ascolto della propria esperienza di vita, per predisporsi alla comunicazione con l’altro e contribuire così alla costruzione profonda, nell’immaginario dello spettatore, di un possibile scambio con l’altro, pur senza avere – necessariamente – la pretesa di tracciare soluzioni e strade di univoca percorribilità. O forse sì: ribadire che, <<la vita è l’arte dell’incontro>>, per citare Vinicíus de Moraes, e che il nostro essere liberi nel Mondo risponde al bisogno imprescindibile della scoperta dell’altro da sé.


Hello Austria. Europa 2011
Drammaturgia Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi
Con Laura Dondoli, Francesco Guerri, Fiorenza Menni
Musiche Francesco Guerri
Produzione Teatrino Clandestino, 2011
Teatro Angelo Mai, Roma, 8-9 marzo, 2012




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